Debito Pubblico Italiano

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martedì 11 maggio 2010

Le 3 riforme indispensabili per il rilancio dell'economia: minore debito, più indipendenza, regime deflazionario.


L'ottimo articolo di Morya Longo sul Sole24Ore fa capire molto chiaramente come il problema del debito e un' economia globale del debito sia fra le principali cause della crisi economica globale e ribadisco crisi economica, poichè i crolli finanziari sono semplicemente un riflesso, un sintomo del malessere dell'economia reale eccessivamente squilibrata e troppo indebitata come anche altri politici, economisti e finanzieri importanti hanno spiegato e che abbiamo anche noi citato in precedenti articoli.

Infatti è l'eccessivo debito sul mercato che rende gli stati deboli e suscettibili alle fluttuazioni economiche e di mercato in primis e poi l'eccessiva interdipendenza economica fra nazioni che significa solo debolezza, come le più elementari nozioni di economia di base ci insegnano, nozioni che la Commissione Trilaterale sacrifica sull'altare di vaneggiamenti socialisti-globali che molto, troppo, ricordano quelli dell'Unione Sovietica.




Affinchè vi sia un effettivo rilancio dell'economia in cui la sola riduzione del debito non comporti una caduta verticale dell'economia, sono indispensabili  3 principali riforme da attuarsi contemporaneamente e che vadino a compensare de facto quei meccanismi nefasti che hanno portato all'indebitamento fisiologico e compulsivo dell'economia:


1) La già citata riduzione dell'indebitamento pubblico degli stati. Le nazioni dovrebbero prima di tutto avere delle leadership più virtuose che imparino di più a fare i conti con quanto si ha, riducendo così il debito pubblico, magari anche andando periodicamente in attivo, cosa affatto impossibile.

2) In seguito avviare politiche economiche più protezioniste per essere meno dipendenti da altre nazioni e per meglio così tutelarsi dalle fluttuazioni economiche e dalle crisi senza indebitarsi ulteriormente, rilanciando così l'economia, industria e mercato interno nazionale.

3) Infine una seria e urgente politica monetaria deflazionaria da parte della banca centrale che non consista solo nel ridurre i tassi e monetizzare il debito ossia comprare titoli di stato, quanto piuttosto comprare moneta riducendo il volume monetario circolante, edit: "per poi attuare una completa conversione al Sistema Aureo o Gold Standard puro ossia completa convertibilità della moneta in oro, cosa che aumenterà il potere di acquisto del denaro a parità di stipendi e pensioni, limitando  naturalmente l'inflazione anche alla fine della fase di deflazione controllata," dando così un forte impulso al rilancio dell'economia nazionale e attraendo notevoli investimenti esteri nell'industria e nei servizi, che potranno contare su una moneta più solida, robusta e quindi anche una finanza più sana e virtuosa per gli stessi investitori finanziari.

Solo grazie a queste tre serie riforme l'economia ripartità realmente. L'occupazione generata e le tasse generate dai maggiori commerci e attività industriali porterà la nazione a grandi livelli di crescita economica e sviluppo.

Piuttosto illuminante l'intervento di oggi del capo delle operazioni Europee del Fondo Monetario Internazionale in merito l'intervento della Banca Centrale Europea di ieri e oggi , ampiamente pubblicizzata dai media Europei e politici e altrettanto sovrastimata ad opinione di chi scrive e non solo e che dice in sostanza quanto anche noi scriviamo da tempo oltre che in questo stesso articolo:

"Marek Belka, capo delle operazioni europee del FMI ( Fondo Monetario Internazionale ), ha detto che lo show del potere finanziario ( n.a. dell'Unione Europea ) compra tempo, ma non può risolvere la crisi strutturale profonda dell'UEM ( Unione Economia e Monetaria Europea ). « Ha il potenziale di calmare i mercati per un momento. Ovviamente non la considero una soluzione di lungo termine. E' la morfina, che stabilizza il paziente e il farmaco vero e il trattamento vero e proprio deve ancora venire »".




Del resto la storia dell'economia ci testimonia degli enormi effetti positivi che tale politica di riforme e deflazione monetaria ebbe negli Stati Uniti nell'800 a partire dalla Dottrina Monroe ( l'America agli Americani, ma in sostanza anche politiche deflazioniste contro la tradizione inflazionista di Francoforte tutt'oggi attiva )e all'indomani del 1929.  Inoltre Attenti studi di riconsiderazione della crisi del 1929 quale l'ottima pubblicazione in merito del famoso economista statunitense Rothbard Murray N.,   decano della Scuola Economica Austriaca, fondatore del Libertarismo e un esemplare della Old Right, lasciano poi capire come in realtà non fu la crisi del capitalismo in sè, ma della globalizzazione e del debito pubblico eccessivo generato da un eccesso di interventismo statale, caratteristica per altro dell'economia socialista e non del capitalismo e dell'economia liberale e tremendamente affine per non dire pioneristica nella visione dei meccanismi fondamentali alla base dell'attuale crisi economica mondiale.


Certo alcuni meccanismi di protezione delle borse dagli eccessi speculativi  in borsa mancavano o quantomeno non erano sufficentemente evoluti quanto oggi, ma non fu quella la causa della grande depressione degli anni '20 di cui il giovedì nero ne fu solo un risultato, quanto piuttosto per le ragioni suddette a causa degli eccessi di interventismo statale e ricorso all'indebitamento pubblico ( solo in parte come conseguenza della prima guerra mondiale, ma evitabile ad opinione di chi scrive come difatti fu fatto nella WWII tramite, ma non solo, con i famosi Bond di guerra venduti ai cittadini Americani ).


Alcuni amici osservano come oggi il mondo sia globalizzato e che l'Europa deve essere unita per contare e competere a livello internazionale.... al che è sempre doveroso ricordare che una nazione come la Polonia che è fuori dall'Euro aveva crescite del 7% nel 2008 e del 3,5 dopo la crisi del 2008 quando altre nazioni erano anche a -4 come ricordavamo nell'articolo sulla Polonia. In modo del tutto simile una nazione addirittura fuori dalla WTO come l'Algeria in Nord Africa, aveva crescita simile del 7%  come Singapore quando buona parte del resto del mondo e dell'Europa era in contrazione.

E in tema di dimensioni e di bontà dei mercati comuni che dire dell'ItalSider della piccola Italia che fabbricava l'acciaio migliore del mondo e che in virtù del purtroppo mercato comune Europeo fu sciaguratamente e drammaticamente fatta a pezzi con lo scopo velato di contenere lo sviluppo industriale ed economico Italiano a vantaggio tedesco e di altre nazioni ? Storia simile per le pressioni socialiste tedesche per farci entrare nell'Euro, idem con la Grecia.
E che dire di nazioni come Hong Kong, Taiwan o Singapore che per decenni nonostante siano così piccole, hanno dominato l'economia mondiale ?!

Infine che poi il mondo sia realmente global è più uno slogan della Commissione ( socialista ) Trilaterale che un dato di fatto. Se il mondo fosse realmente globalizzato la Cina per esempio non porterebbe al collasso, destabilizzandola, l'economia mondiale grazie ad un' economia schiavista ispirata da leggi di 2-3 secoli fa almeno rispetto il resto del mondo industriale.

Se il mondo fosse realmente global l'Iran non cercherebbe di tirare atomiche in testa ad Israele o la Korea del nord in testa al sud o agli USA e il Giappone, nè la Russia cercherebbe di prendere a tutti i costi il controllo delle risorse mondiali energetiche nel mercato di gas e petrolio.

Se il mondo fosse realmente unito da un' economia globale le nazioni non avrebbero economie così profondamente diverse nel loro grado di sviluppo.

Ciò che abbiamo è invero un mercato globale in un' economia affatto globalizzata e questa è una delle ragioni cardini della crisi mondiale.











Il protezionismo moderato è una delle vere vie per uscire dalla crisi così come lo fu nel 1929, diversamente nel caso migliore si finirà con pesanti debolezze finanziarie ed economiche stile Argentina.

Ad ogni modo anche un' economia realmente globalizzata se vuole sopravvivere in modo solido non può non tener conto delle realtà locali e necessariamente indipendenti delle economie nazionali e regionali e della reale libertà individuale connessa ad un economia di successo.