Debito Pubblico Italiano

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sabato 31 dicembre 2011

Ronald Reagan - We Must Fight


Ronald Reagan risponde agli isolazionisti e non interventisti come Ron Paul e ai pacifisti

C'è chi crede che dovremo indietreggiare a fronte dello scioglimento dell'Euro o del ritorno al protezionismo seppure in forma moderata, che dovremo indietreggiare e ritirarci di fronte l'espansione cinese che acquisisce sempre più risorse del pianeta, dovremo ritirarci di fronte l'espansione araba e islamica fondamentalista, che dovremo ritirarci di fronte l'ascesa delle economie emergenti, Ron Paul purtroppo arriva a dire che dovremo ritirare i nostri assetti dal resto del mondo, l'America dovrebbe farlo secondo lui. Ron potrebbe essere anche un buon consigliere economico repubblicano, persino un buon ministro dell'economia, ma un pessimo presidente.
Noi crediamo come Bush che “nel mondo del 21° secolo non puoi disinteressarti di quello che accade nel mondo, poiché ciò che accade nel mondo tocca anche la nostra sicurezza nazionale”.
A Ron Paul, ai comunisti e liberalisti e a coloro che credono che nel nome della pace dovremo ritirarci e arrenderci di fronte l'aggressiva espansione di nazioni come la Cina e la Korea del Nord comuniste o il regime dell'Iran e relativi regimi fondamentalisti o i capricci di Mosca e così via, ci piace rispondergli come rispose Ronald Reagan:


2011-2012: manovra Monti e guerra finanziaria globale.



In questi giorni leggo di molte critiche sul governo Monti, sulla recessione e così via. Chi ci segue sa che la recessione è prevista da tempo come anche su queste pagine è stato fatto e rimandiamo sempre all'articolo Italcrack, citazioni incluse, per capire il perchè di fondo della cosa.


Sul governo Monti se ne potrebbe discutere a lungo, senza bisogno di essere tacciati per socialisti e capire che c'è davvero poco che un governo possa fare nel cercare di evitare o quantomeno contenere il più possibile la recessione dell'Italia in questo momento. Come spiegato nella nostra approfondita analisi dell'articolo Italcrack, come ti muovi fai danno.


C'è quindi molta bassa propaganda nell'accollare la cosa alla manovra Monti e a volte devo dire vero e proprio terrorismo mediatico, come quello riguardante l'ultima asta dei bot di qualche giorno fa. E' vero che tempo fa erano scambiati anche al 10%, ma parliamo degli ultimi giorni di Berlusconi dove neppure gli acquisti della BCE erano serviti a far calare spread e interessi. In questi giorni invece sono stati venduti intorno al 3-4%, in calo da circa il 6-7%. Bisogna capire che c'è molta volatilità sui mercati, ma nel concreto l'asta è andata a buon fine e alla fine è questo quello che conta realmente !


Inoltre è logico che ci sia maggiore tensione sui titoli a breve termine, in quanto pur andando in default l'Italia non è certo una nazione del terzo mondo e ha molto da offrire a partire dalla sua posizione geografica anelata nei secoli praticamente da tutti. Mentre scriviamo fondi di investimento arabi e indiani, ma anche americani, stanno facendo affari d'oro. Anche per l'Italia si parla di aziende quotate al 20-30% del loro valore reale. L'Italia è una terra ricca di molte risorse ed ambita dagli investitori. Le liberalizzazione insieme al contenimento del debito e in seguito della spesa, apriranno un fiume di investimenti nel nostro paese.


Non c'è quindi che attendere le liberalizzazioni che porteranno tagli alla spesa in modo graduale e sostenibile, condividendo nel merito le idee del governo Monti. E' vero, il default non durerebbe a lungo in Italia per le ragioni che abbiamo espresso in merito le risorse intrinseche dell'Italia, ma a causa dell'attuale economia socialista italiana farebbe molto danno un taglio improvviso della spesa pubblica. Meglio andare per gradi ed evitare uno schock sistemico come sta cercando di fare Monti se i parlamentari glielo permettono.


Ci piace inoltre ricordare come la Cina con il mare di liquidità che si ritrova può sparare delle vere e proprie bordate monetarie contro altre nazioni e affossare i listini europei con uno schiocco di dita. E ha tutto l'interesse nel farlo. Una nota tecnica di guerra finanziaria consiste nel comprare quantità rilevanti di un titolo, possibilmente tramite società off-shore situate in varie parti del mondo per poi vendere la quota in modo massivo diffondendo voci negative che portino anche altri venditori a vendere tutto. In seguito chi ha fatto partire il tutto passa a riacquistare tutto a prezzi stracciati, acquisendo anche le quote degli altri investitori e penetrando ossia scalando così l'economia di quella società o stato.


L'apertura incondizionata dei mercati anche a nazioni geopoliticamente ostili come la Cina ad esempio, ci rende particolarmente soggetti a questi tipi di attacchi finanziari, in un periodo di contrazione economica dovuta agli sbilanciamenti strutturali e commerciali, che nel concreto hanno portato una riduzione sufficiente della liquidità della nostra economia tale da renderci vulnerabili a questi tipo di attacchi finanziari. 


L'ulteriore apertura incondizionata dei mercati del Forex per la speculazione monetaria sui cambi, ha sottoposto le fluttuazioni monetarie a particolari ondate di attacchi speculativi protezionistici volti a far levitare una moneta estera per danneggiare il loro export e favorire il proprio.
Riteniamo questa pratica assai pericolosa e dai risultati a volte poco gestibili come vediamo e ribadiamo che una sana politica protezionistica alla "vecchia" maniera con dazi e quote ad apertura progressiva e graduale a seconda della parità di livello economico fra nazioni diverse, sarebbe di gran lunga più salutare ed efficiente anche e soprattutto nell'attuale contesto globale. Non a caso per sopprimere questo problema si pensa ad una moneta globale. Curioso che l'idea venga anche da chi ha creato il problema... Ad ogni modo chi scrive è tendenzialmente favorevole, dapprima ad un cambio Euro-dollaro 1 a 1 e in seguito eventualmente la creazione di una moneta Euro-Americana concretizzando il consolidamento del blocco "Occidentale". Se ci riflettiamo in fondo anche nel passato quando ci si scambiavano monete d'oro o d'argento, si scambiava de facto una forma monetaria globalmente accettata con maggiore stabilità dei flussi economici. Consolidamento sempre più necessario nel contesto di guerra fredda crescente con la Cina che sempre più spesso minaccia di guerra gli Stati Uniti, ora per le tensioni petrolifere nel mar giallo, ora per i giacimenti di petrolio del Giappone, ora per il Pakistan, Iran e così via. La Cina sta acquisendo tutte le risorse globali, ne parlavamo tempo fa poco prima dello scoppio della guerra Libica e a ridosso di quel conflitto.


C'è da dire che gli euroburocrati per non parlare dei capi di governo come frau Merkel, sono stati piuttosto goffi nell'affrontare la crisi, adottando persino misure che hanno allarmato e allontanato maggiormente gli investitori dall'Eurozona, esponendola e indebolendola ancora di più di fronte le bordate monetarie che ci sparano in questo momento. In effetti sotto questo punto di vista l'emissione di moneta da parte della banca centrale potrebbe effettivamente tagliare le ondate generate da tali attacchi.


La questione ultima è però il livello di ricchezza economica, lo sbilanciamento commerciale e l'emorragia di risorse che ci rende così vulnerabili peraltro, per non parlare dell'impoverimento progressivo del tessuto economico. Se da un lato quindi l'emissione di moneta e di liquidità può essere un tampone momentaneo durante una crisi di liquidità sistemica, l'emorragia va sanata intervenendo sulla bilancia commerciale e sul rilancio della produttività. In quest'ottica infatti anche Paul Krugman è dell'idea di un ritorno ad una politica protezionistica moderata per sostenere la crescita economica, evitando e riallineando l'economica di fronte i forti squilibri. Tanto Krugman tanto economisti per niente Keynesiani e politici di spicco dell'ala Repubblicana costituzionalista come Dennis Kucinick, il colonnello Alan West, il virtuoso autore Pat Buchanan e sotto alcuni aspetti persino Ron Paul, sono per un ritorno al protezionismo moderato, tanto più che quello che c'è non è libero mercato, ma corporativismo e concorrenza sleale.