No, non siamo impazziti.
L'Italia ha evidenti e gravi problemi di pressione fiscale e
burocrazia, peraltro peggiorati entrambe grazie alle politiche
europee, ma non è questa la motivazione principale alla base della
scelta di Electrolux di voler delocalizzare in Polonia. La
motivazione fondamentale è una cattiva globalizzazione. Ed è questo
un problema non certo solo Italiano, ma di tutto il mondo Occidentale
in generale, incluso Stati Uniti, Inghilterra e Francia ad esempio
che si scontrano con le stesse dinamiche. Ma andiamo con ordine.
Electrolux è una famosa ditta Svedese che si occupa di produzione di elettrodomestici di qualità, le sue lavatrici si aggirano su prezzi che oscillano in media dai 400 euro circa ai 600 euro al consumatore mentre produrre una lavatrice media costa oggi in media ad una fabbrica generica sui 100-150 euro circa. Vanno poi aggiunte le tasse, i guadagni dei marchi industriali sempre più semplici gestori di marchi commerciali con ben poca attività industriale e la competizione della manifattura estera che entra a gamba tesa in questa situazione, senza contare i guadagni dei retailer delle catene di vendita dei supermercati, tutte cose che hanno così compresso notevolmente i margini industriali di guadagno come su visto.
Negli anni passati
Electrolux apre una fabbrica in Italia, nazione famosa per
l'architettura, il design e l'edilizia di nicchia dove quindi si può
trovare competenza e qualità ed anche un discreto mercato ormai
crollato anche grazie all'euro-austerity.
Negli anni la produzione
di massa del settore elettrodomestici ed elettronica di consumo è
stata sempre più delocalizzata in posti come la Cina, dove a cadute
evidenti nel campo della qualità, si è avuto soprattutto un impatto
negativo per le aziende che invece non hanno delocalizzato.
Questo perchè in Cina (
un regime comunista da 50 anni ) da buona tradizione per lo
sfruttamento di manodopera a basso costo non vengono seguiti gli
standard occidentali per il lavoro, la classe media non esiste in
questi stabilimenti, dove milioni di poveri operai sono peraltro
sfruttati a ritmi di lavoro e condizioni schiaviste, gli operai non
hanno parola, non esiste la sicurezza sul lavoro come in Occidente e
così pure non esiste la tutela ambientale. In Cina sono ben noti
problemi legati a tutte queste tematiche dove il modo che gli operai
sono riusciti a trovare per farsi ascoltare sono i suicidi nello
stabilimento della Foxcon, dove però è l'Occidentale Apple che si
fa realizzare i suoi Iphone quando potrebbe benissimo farli in
California senza peraltro nessun particolare problema, se non per
pura speculazione sui margini di guadagno.
E' quindi in questa
prospettiva che Electrolux ci viene a dire che per competere sui
mercati globali, ossia contro la Cina e i Brics, l'Italia deve
diventare come la Polonia dove gli operai vengono pagati intorno gli
800 euro al mese, e dove il costo della vita non è poi così
inferiore al nostro.
“Per essere
competitivi sui mercati globali bisogna portare la Polonia in Italia
( dove il costo del lavoro è attorno ai 6 euro l’ora contro i
nostri 24 ). Per riuscirvi ha proposto (anche) il congelamento per un
triennio degli incrementi del contratto collettivo nazionale di
lavoro e degli scatti di anzianità.” riporta il Corriere della
Sera.
Electrolux riferisce
un taglio ufficiale dell'8%, ma a conti fatti come nella
dichiarazione di cui sopra, invero i tagli possono arrivare anche
sino al 50%.
800 euro al mese
significa dire addio alla classe media, in tutta l'Italia e in tutto
l'occidente per la gioia dei classisti e delle forme di elitarismo
portandoci indietro di secoli.
La svalutazione salariale
è peraltro una normale conseguenza di fronte alla rigidità
monetaria dei cambi in area Euro ( si perchè l'euro allo stato
attuale non è altro che una fissazione dei cambi per la gioia
tedesca in primis in questo caso. ). Come abbiamo spiegato più volte
in passato, per legge economica se la moneta non viene lasciata
libera di fluttuare, fluttuano lo spread e il potere d'acquisto in
ultima analisi. In un contesto federale come gli USA il governo
centrale compensa in parte queste fluttuazioni con opportuni e
limitati finanziamenti, ma questo in Europa non accade.
Electrolux però, e
non solo lei di certo, fa capire molto bene che non è un
problema di compensazione, ma proprio di competizione con i mercati
asiatici e i Brics, che altro non sono che l'equivalente moderno di
un nuovo blocco comunista, il più delle volte infatti accentrato
sulla Cina. E' l'ennesima dimostrazione di questa ormai palese
realtà. Ma prendete anche il caso Ilva, l'acciaieria di Taranto
accusata di inquinamento e cattive condizioni di lavoro. Le
acciaierie cinesi contro cui siamo costretti a competere sono tutte
come l'Ilva e anche peggio. Ma la politica in Italia e in parte in
Europa, da questa campana non vuole sentire; secondo loro dobbiamo
piuttosto svendere la dignità dei nostri popoli e le conquiste di
300 anni di valori conquistati in Occidente attraverso anche la
Rivoluzione Americana. Nel merito infatti siamo a dir poco basiti
dall'ascoltare certi neoliberali andare contro concetti elementari
del liberismo classico e inneggiare alle delocalizzazioni in Polonia
per lo sfruttamento e la distruzione della classe media e la
schiavitù nell'austerity. Così insomma invece di aiutare i Cinesi a
crescere e rispettare i diritti civili e la libertà, siamo noi
occidentali che finiamo per rinunciarci portando al rovesciamento
delle nostre economie, tutto va detto secondo i noti piani comunisti
tanto di Stalin quanto di Klusciov per il rovesciamento
dell'Occidente.
Ma a parte tutto cosa
ne pensano in Polonia ? Negli anni scorsi durante la crisi del
2009-2010, scrivevamo delle condizioni in Est Europa e fummo fra i
pochissimi a prevedere la crisi che poi sarebbe sopraggiunta anche lì
non attenuandosi in generale ma peggiorando, al contrario di quanti
praticamente tutti all'epoca dicevano, tranne qualche voce isolata.
Crisi che come prevedibile, si è trascinata giù tutti quei gruppi
finanziari e bancari che avevano posizioni scoperte, anche di moral
hazzard, verso l'est europa. In Italia ricordiamo in primis
Unicredit, curioso che ci sia sempre l'ex AD Profumo in mezzo a certe
questioni come il crack di Unicredit salvata da Gheddafi e gli Arabi,
o il crack di MPS salvata derubando i cittadini dopo anni di
sconcezze politiche e moral hazzard che hanno portato al fallimento
una banca dopo 500 anni di attività, ma ad ogni modo non furono
certo le sole ad avere problemi.
Una crisi di liquidità
quindi che vede drenare ricchezza dall'Occidente verso l'Oriente
e i Brics come confermano i dati dell'FMI e della Banca Mondiale, su
cui torneremo con un articolo dedicato, e che lasciarono spazio ad
acquisizioni ostili. Si scelse il meno peggio e si lasciarono entrare
appunto gli arabi nella nostra economia, ma pure in parte i russi e
con i cinesi che bussano sempre di più, ed entrano sempre di più
esattamente come il sottoscritto aveva previsto.
E come previsto avviene
esattamente quanto predetto, ossia l'arretramento nel campo dei
diritti civili acquisiti dall'Occidente negli ultimi secoli.
Ma torniamo in
Polonia. Il modello Polacco tanto acclamato dai neo liberali
della Domenica che giocano al piccolo trader è evidentemente un
clamoroso fallimento, specialmente con l'ascesa del primo ministro
Tusk una volta che il precedente governo euroscettico e maggiormente
indipendentista liberista è stato spazzato via in un incidente aereo
mai del tutto chiarito a Smolesk in Russia.., e, in ogni caso, se non
basta il crack delle economie dell'est Europa degli ultimi anni che
si è trascinato giù mezza Europa, si può guardare alle decine di
migliaia di lavoratori Polacchi di entrambe i 3 principali sindacati,
incluso Solidarity, il sindacato anticomunista di Solidarnosc,
sfilare e protestare in massa per le strade per chiedere esattamente
quello che si chiede in Italia come in Francia e in Inghilterra,
ossia no alla svalutazione salariale, lì chiedono stipendi più alti
e decenti, più sicurezza sociale a partire dall'inclusione delle
assicurazioni sanitarie nei contratti di lavoro, in pratica non hanno
diritti sanitari, no al ritardo del pensionamento portato avanti di
recente da 65 a 67 anni dopo la recente nazionalizzazione dei fondi
pensione e in generale più dignità umana verso i lavoratori.
“Vogliamo una migliore
politica sociale e garanzie per i lavoratori”, “Vogliamo un
governo che si prenda cura dei nostri interessi, così che possiamo
vivere dignitosamente” ha detto un manifestante di Solidarity
Ryszard Czyska all'agenzia di stampa AFP.
La disoccupazione in
Polonia è peraltro salita al 13% e il lavoro offerto è
generalmente di breve periodo e scarsamente retribuito, esattamente
come sta succedendo in Italia.
E' chiaro quindi che è
un problema politico, un problema che non si vuole risolvere nel
nome di sempre più moral hazzard e scaricando i sacrifici quasi
sempre esclusivamente sui lavoratori e sui contribuenti. Come
liberista dico no, non ci sto, non accetto la competizione con la
Cina, non accetto di rinunciare a 300 anni di conquista del campo
della libertà in Occidente, sono i Cinesi che devono adattarsi a noi
e non noi a loro.
L'Europa è uno dei
mercati più grandi del mondo, una larga barriera doganale
antidumping è sempre più urgente e necessaria e avrebbe la
conseguenza immediata di calmierare tutta questa situazione,
livellando al rialzo il prezzo delle merci nei mercati Europei in
generale. Per molto meno infatti proprio la Germania durante la
rivoluzione industriale nell'800 eresse barriere antidumping contro
l'Inghilterra affinchè potesse crescere l'industria domestica e così
fu.
Purtroppo la miopia
ignorante dell'Euro-burocrazia ha spinto l'Europa degli ultimi 15
anni circa in assurde misure protezioniste contro gli USA, mentre
invece sono i Brics e la Cina che stanno distruggendo la nostra
economia ed è verso di loro che andavano usate.
Complice anche le
divisioni, differenze e divergenze Europee che vedono ad esempio una
Germania che vuole vendere tecnologia alla Cina sacrificando il resto
dell'economia europea, cominciando dal comparto agroalimentare ad
esempio settore trainante di altre economie come quella Italiana, ma
non solo, e fregandosene poi quando a causa anche di questo le
relative economie vanno in crack, come ad esempio il crack del
comparto ittico in Grecia, Irlanda, e Portogallo, ma anche la scarsa
tutela del made in Italy agroalimentare che vede puntuale
l'opposizione del governo tedesco.
Ma non c'è solo l'agroalimentare, possiamo ad esempio anche citare il tessile cinese, che ha distrutto il tessile in Spagna e Italia, l'arredamento e il design, messo in crisi dalle importazioni estere ecc. E certo anche il manifatturiero nella stessa Germania non sempre se la passa bene.
Il problema non
riguarda solo l'Italia. La competizione del lavoro a basso costo
dall'est Europa ad esempio è un problema che è ormai anche al
centro dell'attenzione del governo Inglese e Francese.
Di fronte la
delocalizzazione non solo degli stabilimenti, ma anche dei lavoratori
dall'est per lavori nei nostri paesi, e non solo dall'est aggiungo,
in un mix micidiale per le economie nazionali, di recente entrambe i
governi si sono espressi al riguardo, questione che tocca quella
dell'immigrazione.
Mentre i politici
italiani ladri e traditori a pagamento, come molti li definirebbero, non perdono occasione di
offendere i giovani lavoratori e contribuenti italiani, a cui fa eco
qualche pseudo imprenditore sfruttatore, in Inghilterra il
Conservatore e non certamente comunista Cameron, DIFENDE i giovani
lavoratori e cittadini Britannici dicendo che la Gran Bretagna deve
dire no ai lavoratori dell'est Europa, in quanto i giovani britannici
non possono competere con il duro lavoro che sono disposti a fare gli
immigrati.
Metà della forza
lavoro nelle campagne inglesi proviene dall'est europa come
Lituania e Polonia. Cameron ha ammonito su come circa metà
generazione giovanile inglese rischia di restare tagliata fuori dal
mercato del lavoro e dalla ripresa. Metà forza lavoro giovanile, il
50% dei giovani Britannici rischia di restare disoccupata. A quanto
pare anche il modello mercantilista e internazionalista inglese fa
acqua... ma questo lo sappiamo dal 1776, solo che molti volente o
nolente lo hanno dimenticato.
Cameron dice che
“non possiamo biasimare chi vuole venire e lavorare duro in
Inghilterra, vedono che c'è del lavoro in questo campo e vogliono
farlo. Non possiamo condannarli per questo.
Ma come nazione”,
continua Cameron, “dobbiamo dire di no. Dobbiamo rendere il nostro
sistema educativo migliore in modo da far uscire dalle nostre scuole
e dai nostri college giovani in grado di eseguire questi lavori”.
Anche la Francia si
muove sulla falsariga di Cameron concentrandosi in particolare
sul fenomeno che attuano sempre più aziende in Europa di assumere
temporaneamente manodopera da paesi esteri.
Najat Vallaud-Belkacem,
portavoce del governo Francese è intervenuto di recente nel merito a
ridosso del problema della disoccupazione in Bretannia, una regione
del nord-ovest della Francia dove la disoccupazione elevata sta
portando a disordini sociali:
“Un numero di compagnie
in questa regione, e altrove, sono state messe in grado di poter
assumere dipendenti da altre nazioni Europee, con diverse leggi sul
lavoro, un differente sistema sociale, che rende questi lavoratori
meno costosi […] alle spese dei dipendenti francesi, che soddisfano
invece un ambizioso sistema sociale”.
La stessa osservazione
può essere fatta per chi delocalizza li invece di importare
manodopera allo scopo di tagliare i salari e i diritti conquistati in
occidente.
Secondo una direttiva
Europea del 1996 i lavoratori distaccati presso una sede estera,
devono soddisfare la legge sul lavoro del paese ospitante, una misura
volta proprio a garantire l'eguaglianza di pagamento, tuttavia i
contributi sociali vengono versati nel paese d'origine, la qual cosa
può rappresentare, e rappresenta, un gap nel costo di lavoro a
vantaggio dei benefits per le compagnie.
Dall'allargamento ad Est
dell'Europa nel 2004, vi è stato un grande incremento nell'uso di
questo tipo di lavoratori in Francia. Fra il 2006 e 2011 il numero è
quadruplicato da 38.000 a 145.000. Le preoccupazioni Francesi che
stanno cercando di coinvolgere anche le altre principali nazioni
Europee, è che il distaccamento del lavoro venga sfruttato per
agirare le normative sul lavoro locali.
Una questione questa
che si va ad aggiungere a quella delle delocalizzazioni. Permettere
peraltro di poter assumere dipendenti stranieri con il 30% di
differenza e in ambienti di lavoro molto competitivi o aggiungiamo,
delocalizzare in posti con tali condizioni, destabilizza il mercato
del lavoro e può generare Xenofobia, osserva Gilles Savary politico
francese ed europarlamentare fra i socialisti europei. La politica
francese in altre parole, come in Inghilterra del resto e pur essendo
di sinistra in questo momento, invece di fare vuoti proclami sugli
immigrati come in Italia ad esempio, pone delle concrete questioni di
ordine sociale che possono oggettivamente costituire le radici di
reazioni Xenofobe. Non è in altre parole colpa della gente che si
lamenta di certe situazioni, ma delle situazioni stesse che non
dovrebbero esserci.
Francoise Castex,
Mep socialista, è espressamente preoccupato dal fatto che il dumping
sociale sia una delle principali fonti di rigetto dell'UE da parte
dei cittadini. Una preoccupazione concreta, ma bisogna anche
sottolineare che l'UE è sin troppo un progetto socialista. Va però
riconosciuto il merito nell' ammettere onestamente i problemi del
caso anche se personalmente siamo scettici sulle soluzioni proposte
da certi socialisti come l'unificazione fiscale oltretutto appunto
dal progetto socialista Europeo in sé in stile URSS i danni fatti
dai socialisti sono ahimè ben peggiori, ma onore ai meriti, anni
luce lontano dal nostro paese anche sotto questo profilo.
Ciò detto è giusto vi
siano regolamentazioni simili in tema di diritto del lavoro come
negli USA del resto, ma lasciano la competizione fiscale e quindi
delle varie amministrazioni. E' pur vero però che gli USA sono
fondamentalmente una cultura libera e indipendentista, nonostante
l'amministrazione Obama, mentre in Europa ci sono 27 popoli diversi e
sin troppe radicazioni nel socialismo.
Il modello
internazionalista, che invero ingloba le premesse del marxismo
internazionalista e del corporativismo in un colpo solo, è invero un
clamoroso fallimento. Un clamoroso fallimento o come scritto in
passato in un articolo sul ruolo delle banche internazionali nel
fallimento degli stati, un clamoroso fanatico progetto di ingegneria
sociale, scientemente perseguito e portato avanti e ora forse
sfuggito anche di mano.
Quale che sia la sua
origine è invero sempre più necessario rafforzare la
cooperazione in ambito G7 per la risoluzione di certe problematiche
di contenimento delle economie asiatiche di tipo mercantilistico (
seppure il più delle volte a servizio di compagnie occidentali,
almeno sin'ora..... ), cooperazione alquanto scarsa di questi periodi
e che è all'origine dell'indebolimento progressivo dell'Occidente.
In mancanza di tale cooperazione è però meglio auspicabile uscire
dall'Euro e/o dalla UE subito tutelando in primis gli interessi
nazionali in ambito NATO rafforzando il contributo dato all'alleanza
atlantica e non divenire una colonia della Germania o dell'EUSSR o
peggio ancora della Cina.
Su scala mondiale
infine non è assolutamente pensabile che la situazione si
riequilibri da sola e non certo senza gravi conseguenze per tutti i
nostri paesi come già vediamo. La Cina da sola ha circa 1 miliardo e
mezzo di persone, più di tutto il G8 ( Russia inclusa ), 300 milioni
circa più sviluppati e un altro miliardo da sfruttare, cresce a
ritmi del 10% annuo e divora almeno il 50% delle risorse planetarie
portando a guerre regionali per l'approvigionamento di materie prime
ed energia che inizia ad essere un problema serio, come in Nord
Africa e Medio Oriente. E non ha nessuna intenzione di fermarsi.
L'India ha un altro
miliardo di persone, e in cambio dei suoi mercati vanta sempre più
pretese di cui il caso Marò è solo un triste esempio, ma che ne
conta di ben più eclatanti come le recenti frizioni con il governo
degli Stati Uniti. Cosa vi aspettavate ? Parafrasando Woodrow Wilson,
non sono tanto gli accordi commerciali ad unire le nazioni, ma i
valori.
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