Debito Pubblico Italiano

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martedì 9 agosto 2011

Nessuna crisi finanziaria, curva correttiva ci riporta al 2008. Esplode il debito dell'Italia.



L'inflazione rallenta anche l'economia cinese, commodities sulle materie prime in ribasso

ESPLODE IL DEBITO ITALIA

Quanto sta accadendo nei mercati e in particolare in Italia dove lo spread in questi giorni è arrivato a toccare quasi 400 punti a 380 per la precisione, non è altro che la conseguenza di quanto da tempo parliamo anche su queste pagine. Le motivazioni dell'attuale sfiducia verso l'Italia come le previsioni di quanto sta accadendo sono inoltre scritte nell'articolo:


Che raccomandiamo fortemente di leggere per chi non lo avesse fatto.

Sull'Italia in particolare come anche noi abbiamo scritto in Maggio, si denota l'inefficienza e la debolezza del governo che è la vera origine della persistenza della crisi dei bond Italiani che snobbano quindi tanto la manovra, utile per la cassa sul breve periodo ma non per il paese, che il discorso del capo del governo Berlusconi.

Micheal Spence, premio nobel per l'economia in un' interessante intervista a Bloomberg del 2 Agosto 2011 a cavallo di un discorso riguardo la crisi del debito in USA e in Europa, definisce il governo e il sistema politico Italiano debole e distratto da altre questioni, dimostrandosi quindi lento e incapace di concentrarsi sulla risoluzione dei problemi economici del paese motivo della sfiducia degli investitori verso l'Italia che non credono più nell'abilità del governo di risollevare l'economia nazionale.

Per l'economista della New York University, Nouriel Roubini che predisse con grande anticipo, la grande recessione del 2008, l'Italia avrebbe bisogno urgentemente di un governo tecnico, stimando un 70% di possibilità che l'Italia debba ricorrere ad aiuti esterni come in effetti si concretizza oggi con l'acquisto da parte della BCE, leggasi Germania e Francia, dei titoli di stato Italiani. Non è un caso infatti che nelle ore di ieri anche la borsa di Francoforte ha forti ribassi. Lo stesso discorso vale per l'intervento del fondo di stabilità Europeo che vede come protagonisti sempre Francia e Germania, che dovrebbe probabilmente triplicare il suo fondo, senza necessariamente avere una tripla A e verso cui sormonta, comprensibilmente, l'opposizione crescente dell'opinione pubblica tedesca che già affronta i suoi problemi.

In questa dinamica peraltro salta agli occhi come il contagio, almeno in questo caso, non venga tanto dal fallimento isolato di una nazione, ma dal tentativo di salvare a tutti i costi l'Eurozona comprando i debiti di altri stati e interconnettendo diverse economie, così come fatto negli ultimi 15 anni con la cosìdetta economia globale del debito, piuttosto che isolare, ristrutturare e risolverne le cause.
L'alternativa del resto, ossia stampa di moneta “dal nulla” calerebbe sull'Europa lo spettro iperinflattivo della Repubblica di Weimar in un contesto generale di allarme sull'inflazione già piuttosto concreto a causa di tensioni geopolitiche nel campo di materie prime, energia e alimentazione che ci contendiamo con una forte espansione della Cina che si accompagna ad altrettanta aggressività in un clima da guerra fredda.

Tornando a noi Roubini sintetizza molto bene la situazione Italiana con una frase da incorniciare Non è vero che l'Italia è troppo grande per fallire, può fallire benissimo. Il problema è che probabilmente è troppo grande per essere salvata”, cosa di cui parlavamo anche negli articoli scorsi.
Roubini per altro condanna senza mezzi termini il governo Italiano e senza troppi giri di parole si chiede come davvero possa Berlusconi pretendere che qualcuno gli creda quando accusa i mercati di sbagliare.....
Forse avremo anche un discreto risparmio, continua Roubini, ma il governo e il paese ha perso la fiducia dei mercati. Risparmio per altro in diminuzione come osserviamo da tempo.

Il Governo ha perso il contatto con la realtà e la totale assenza di misure pro-crescita ne è una prova ulteriore. Per l'Italia si profilano scenari pesanti e quel che è peggio è che chi sta al vertice non se ne rende conto”, ammonisce Roubini. In questo contesto “l'unica soluzione è creare subito un Governo tecnico presieduto da un personaggio prestigioso e al più presto andare alle elezioni”.

Nei giorni scorsi il governo Italiano è andato pesantemente sotto sui tagli alla spesa necessari nella finanziaria e su alcune riforme per rilanciare l'economia e la crescita, come l'abolizione degli ordini, vere liberalizzazioni della finanza, del mercato e dell'economia ecc.
Per queste e tutte le altre ragioni, chi scrive è della stessa opinione degli analisti qui presi in considerazione, come peraltro espresso nelle analisi degli articoli precedenti qui proposti, prima della realizzazione di queste interviste.
Del resto tale necessità è sostenuta anche dal commissario degli affari economici e monetari dell'Ue Olli Rehn che ritiene che quello che debba fare l'Italia è: “Liberalizzare l'economia, aprire le professioni e riformare il mercato del lavoro”. Per quanto anche Rehn alla fine come da tradizione degli euroburocrati, piuttosto che riconoscere le loro fallimentari politiche, se la prende con i mercati che non saprebbero valutare l'eurozona.... vabbè.
In questo contesto si tenga piuttosto presente la totale sfiducia verso gli stress test effettuati dall'Europa in particolare sulle banche che non prendono in considerazione i corretti parametri messi in gioco dalle crisi dei debiti sovrani. Poi dicono che gli investitori non si fidano.........

Anche il premio Nobel per l'economia Robert Mundell, intervistato dalla Stampa, tuona contro l'Italia: “Quando l'euro fu introdotto, l'Italia aveva un rapporto del 120% tra debito e prodotto interno lordo. Ora, oltre dieci anni dopo, il rapporto e' lo stesso. Non avete fatto nulla per migliorare una condizione che era gia' drammatica” per poi aggiungere “In piu', nel governo e nel paese non sembra esserci un chiaro consenso sul modo di rispondere alla crisi, e queste divisioni pesano. In un quadro del genere, cosa potete aspettarvi che facciano i mercati ?”. Eh già ce lo chiediamo anche noi....

E anzi a dire il vero lo vediamo, in due settimane ( 10 sedute )Milano è stata travolta dalla più grande ondata di sell-off ( vendite ) della sua storia con perdite complessive a circa -24% che ieri ha raggiunto il -26.5% e la cui discesa perdura anche questa mattina. La sfiducia totale degli investitori trova riscontro anche in sempre più frequenti “problemi tecnici” dei mercati telematici della borsa Italiana, come un'oramai ricorrente sospensione della trattazione degli indici in fase di chiusura, con sospensione improvvisa dei titoli cover warrant, derivati ecc. ecc. concretizzando enormi disagi e perdite a investitori sia privati che istituzionali e senza che né Borsa Italiana né tantomeno l'organo di vigilanza sui mercati CONSOB, siano chiamati in causa da nessuno. Questa sorta di repressione comunista della libertà di mercato, non farà altro che far scappare ancora di più gli investitori che infatti concretizzano un'estrema volatilità della borsa italiana. Inoltre a seguito delle ripetute sospensioni a ribasso delle borse Europee della scorsa settimana, ieri il Lunedì Nero per l'eurozona porta in un solo giorno una perdita complessiva di 198 miliardi di Euro di capitalizzazione, di cui 9 a Milano da aggiungersi alle perdite dei giorni scorsi, 250 miliardi in Europa solo nelle precedenti due sedute..

I BTP a 10 anni Italiani oscillano intorno i 340 punti con il rendimento intorno la pericolosa soglia del 6% che brucia via praticamente l'intera finanziaria, giustificando negli investitori la massiccia vendita di bond italiani a due anni nelle scorse settimane, poiché si stima il fallimento dell'Italia nel 2013-2014, motivo per cui si vuole anticipare la manovra sul pareggio di bilancio al 2013, che però frena la crescita, già quasi ferma, rischiando di alimentare la recessione del paese e quindi l'aumento di spesa pubblica per gli ammortizzatori sociali.....
Nel merito venerdì 5 Agosto, i CDS ( credit default swap ) sul debito sovrano dell'Italia arrivano a toccare i 386 punti base, testimoniando le preoccupazioni del mercato internazionale sulla solvibilità dell'Italia e percorrendo invero una strada simile all'avvitamento economico avuto già da Grecia e Portogallo, con le “perfomance” dell'Italia e dei suoi titoli che sono peggiori di quelli della Spagna.
L'Italia è come fin qui visto, quindi debole sia politicamente che economicamente e questo genera profonda sfiducia, una situazione insostenibile sul piccolo, medio e lungo periodo a meno di interventi straordinari, come auspica anche WSI.

Louise Cooper, analista di mercato presso BGC Partners a Londra del resto afferma che è tutta una questione di credibilità: “ Berlusconi è più interessato ai fatti suoi che ai mercati dei titoli di stato. Litigare poi di fronte al pubblico con il proprio ministro dell'Economia è qualcosa di inaudito”.


NESSUNA CRISI FINANZIARIA

Un'ondata di vendite tale non si vedeva dalla crisi del 2008 e in effetti un ulteriore articolo del Wall Street Italia osserva come la crisi del 2011 sia simile a quella del 2008 scatenata però da Spagna e Italia.
Nel 2009 chi scrive, denunciò su queste pagine l'inefficienza delle misure contro la crisi effettuate e promosse dal G7/8 e G20, prevedendo come la crisi sarebbe tornata con tutti gli interessi una volta esaurite le immissioni di liquidità di FMI e Banca Mondiale, poiché la causa scatenante risiede in problemi strutturali dell'economia reale che non sono stati mai risolti, a cominciare dalle bilance commerciali avverse e la concorrenza sleale cinese... per questa ragione è da ritenerla in effetti la stessa crisi del 2008 mai effettivamente risolta, come versare acqua in un secchio bucato.

In questi termini quindi chi scrive, ritiene che per quella del 2011 dal punto di vista finanziario sia errato parlare di crisi, quanto piuttosto di curva correttiva.

Purtroppo pare che Barnake presidente della Federal Reserve, nell'ultima disperata mossa dei poteri forti globali, pare sia intenzionato a voler intervenire nei mercati con la stessa “droga” che ha rovinato il mondo solo che, per continuare ad usare la stessa parafrasi di WSI, il cavallo è stanco, non beve piu' e quindi, se non stramazza al suolo, quantomeno non galoppera' mai più come prima.

La riduzione del tasso di disoccupazione negli Stati Uniti, contribuisce a smorzare gli effetti della crisi che tuttavia permane a causa degli squilibri qui detti.
E difatti la pioggia di liquidità promessa dal G7 non dà i suoi effetti, non si vede o forse secondo un trader “è già finita”.

Le borse Occidentali sono quindi in caduta libera a vantaggio di beni rifugio come oro e bond Americani, Francoforte ieri chiude a -4%, complice anche l'impegno a comprare bond Italiani che affondano il listino tedesco come quello Francese con Parigi a -3,81%. Milano leggermente migliore ma sempre in caduta libera a -2,72%. Oltreoceano negli Usa il Dow Jones chiude a -3,25% e il Nasdaq invece cola a picco a -6,1% come l'S/P 500. Un po' atteso dopo l'annuncio di declassamento di S/P, anche se forse non così tanto, il tutto avviene proprio mentre dalla Casa Bianca Obama si appresta a parlare della crisi economica, attaccando in modo infantile quanto violento ad opinione di chi scrive, il rating di S/P che peraltro è seguito a ruota dalle avvisaglie di Moody's sulla revisione del debito a lungo termine degli USA.
Il tappare la bocca, insieme alle distorsioni economiche del socialismo di Obama, non aiuterà di certo a risollevare gli Stati Uniti e il mondo Occidentale.

Dal canto suo Warren Baffet, citato anche da Obama, ritiene che gli Usa meritino una quadrupla A e in effetti negli ultimi tempi ha concretizzato uno dei più grandi acquisti di titoli di stato Americani, erano 3 anni che non lo faceva..
Del resto l'economia USA si basa sull'economia privata, non pubblica. Ciò che sta fallendo è la politica di spesa pubblica, quella interventista monetaria che crea bolle espansive e speculative che poi esplodono, quella dei fondi pubblici a destra e manca ecc.
Infine chi scrive come già detto non ritiene questa una crisi, ma una curva correttiva poiché la crisi del 2008 non è mai finita e ne perdurano le condizioni portandosi dietro gli ovvi interessi come l'esplosione dei debiti sovrani.

In questo contesto possiamo osservare inoltre come l'appartenenza alla UE limita molto l'azione dei governi nazionali Europei che non sempre possono effettuare le misure necessarie alla loro economia, come ad esempio una ricerca maggiormente attiva della bilancia commerciale agendo sulle politiche di import/export e la sottoscrizione di contratti economici a tal fine o l'incentivazione di realtà oggettivamente in difficoltà per cause di sbilanciamento commerciale. In ambito UE 27 economie e stati diversi, testimoniano quanto siano cruciali queste limitazioni e quanto sia difficile, per non dire inutile e dannoso, adoperare una politica economica comune, pur all'interno di un mercato comune. Come abbiamo sempre detto l'approccio socialista del superstato Europeo si rivela, come per altro prevedibile e previsto, in tutto il suo fallimento, del resto non è la prima volta.
Sarebbe invece piuttosto utile un approccio federale, come unione di stati indipendenti che mettano in libera concorrenza economica e fiscale, i vari stati membri della UE seppure all'interno di un mercato comune come un commonwealth, un principio che anni prima ha reso grande gli USA, che sono una federazione, e che seppure applicata in forma eccessivamente limitata dagli accordi Europei, ha cmq dato una certa stabilità e solidità all'Europa, poiché costringe le varie nazioni o stati nel caso degli USA, ad essere più indipendenti e virtuosi, stabilità crollata negli ultimi 10-15 anni ( epoca della WTO e UE ). Lo stesso principio di indipendenza e virtuosismo nell'amministrazione e negli scambi economici, abolendo le regioni, si applica su scala locale a province/contee e comuni.

Chi scrive crede che l'interconnettività economica delle nazioni, promossa dalla Commissione Trilaterale sia un grave errore, portato avanti da una cieca ideologia di governance globale a tutti i costi. Per quanto auspicabile e prevedibile un sistema di governance globale nel futuro, che legherà di più anche gli interessi delle nazioni, è da ritenere profondamente sbagliato se non prematuro il modo in cui è tutt'oggi portato avanti.
Per fare un'esempio già citato negli anni scorsi, è stato come costruire una portaerei senza paratie, dove la falla di un compartimento può affondare l'intera portaerei.

La governance globale si sivlupperà naturalmente in un contesto di economia globale che nasce e “dialoga” con un'economia spaziale interplanetaria, ad esempio con lo sviluppo dell'industria spaziale nel nostro sistema solare che risolverà in modo praticamente definitivo i problemi di materie prime ed energia del pianeta.

Nel momento in cui ci si agginge a pubblicare quest'articolo, la bank of America ha perso circa il 20% e infine anche l'economista Roubini come il sottoscritto, dice ad Obama di rassegnarsi poiché ormai la recessione, rispetto al livello di crescita al 2011, è inevitabile. Chi scrive ricordiamo che la identifica, non come una crisi, ma una curva correttiva al 2008, particolarmente violenta a causa delle “droghe” monetarie come abbiamo previsto da tempo quando abbiamo più volte criticato l'accanimento verso una politica monetaria espansiva e inflattiva, invece di una politica deflazionaria e di contrazione e riduzione del volume monetario, politica inflattiva che peraltro come dicevamo prima non risolve i problemi strutturali dell'economia reale. E' questo che sta distruggendo l'euro e in generale mina la stabilità globale. Certi globalisti ispirati da Marx, pensano di poter unire il mondo, comprando i debiti con una moneta gonfiata..... ( manipolazione artificiosa dei prezzi ) Dio ci aiuti !

E difatti gli investitori come anche noi diciamo da anni, notano come tali problemi non siano mai stati risolti, punendo in particolar modo appunto le banche. La ristrutturazione dell'economia passa quindi attraverso le banche, che guidano sin troppo l'attuale governance globale. Finchè non si metteranno in gioco anche le banche e le loro “politiche” responsabili di queste “crisi”, difficilmente ne usciremo.

In Asia continua la discesa dei mercati, sotto la spinta della crescita galoppante dell'inflazione Cinese, oltre il 6%. La Cina da tempo ha vincolato il tasso di cambio dello Yuan sottostimandolo e concretizzando una sorta di incentivo nel tentativo comunista di manipolare e controllare i prezzi che però ovviamente fa levitare l'inflazione interna, per non parlare di concorrenza sleale basata ad esempio su un eccessivo sottocosto del lavoro, che incontra sempre maggiori proteste all'interno della Cina stessa e non solo lì a dire il vero..
Il pericolo quindi dell'implosione della Cina, contribuisce alla destabilizzazione dell'economia, in particolare di quella dei mercati asiatici, ma non solo. Da parte Cinese annunciato che l'inflazione ha raggiunto il suo picco e non dovrebbe più salire... Probabilmente la banca centrale Cinese aumenterà i tassi per frenare l'inflazione, anche se personalmente è possibile dubitare della piena efficacia di questa misura a meno che si accompagni ad una consistente riduzione del tasso di crescita cui dubito persisteranno a lungo in modo pacifico....
Nel merito Richard Cookson, global chief investment officer at Citigroup Inc.'s Private Bank in London, intervistato da Bloomberg 4 giorni fa, osservava infatti come le commodities, vari tipi di investimenti derivati alla base di molti scambi e patrimoni finanziari, possano crollare a ridosso dell'inflazione cinese e che in tal senso vadano riformate e consolidate le banche. A fronte di queste difficoltà si affiancano quindi le critiche di Weidmann della Bundesbank contro l'aquisto di bond italiani da parte della BCE definita accomodante nelle stesse parole di Trichet. Del resto ciò che si può osservare è che di fronte la crisi dei mercati cinesi e asiatici le banche che acquistano anche questi bond potrebbero trovarsi in serie difficoltà.

Le motivazioni sono quelle di cui abbiamo parlato anche in altri articoli, quali la competizione sulle materie prime come i metalli per uso industriale che diviene sempre più serrata su scala globale. Di conseguenza la crescita delle economie emergenti, Cina, India, Brasile, Turchia va incontro un rallentamento causato anche dalla crescente inflazione interna, inflazione che si riflette e origina ulteriormente proprio dalla crescente scarsità di materie prime . Basti pensare che solo la Cina investe circa il 43% del mercato globale delle commodities industriali ( metalli, materie prime ecc. ) che è un'enorme quantità.
Il rallentamento quindi della Cina provoca un'ondata di sell-off nei mercati delle commodities in Asia, portando di conseguenza una destabilizzazione di tutti quegli enti finanziari come banche ecc. che disgraziatamente utilizzano tali commodities di vario tipo per consolidare il proprio patrimonio economico.....

Parentesi: nella mente dei globalizzatori degli ultimi 15-20 anni almeno, forse c'era l'idea e la volontà di legare le banche alle materie prime, per scongiurare la competizione anche militare sulle materie prime, poiché le forti oscillazioni avrebbero colpito le banche e quindi l'economia. Oppure di costruire un'economia globale, che non c'era e non c'è, a debito su un'ipotetica crescita e unità globale futura... Mi sembra evidente che tali sciocchezze si scontrino con tutta la demagogia di chi ha promosso a dir poco utopistiche e dubbie teorie sin troppo filo-marxiste ad opinione di chi scrive che non tengono conto dell'estrema varietà e diversità delle nazioni ed economie sulla terra. E infatti in questo quadro per altro prevedibile, degno di nota e una certà ilarità, sono le preoccupazioni sull'inflazione cinese del noto globalista miliardario fin troppo filo-socialista George Soros, tra i maggiori finanziatori di Barack Obama.
Magari forse si sveglia e capisce che il marxismo non funziona..... Chiusa parentesi.

Per quanto riguarda il mercato degli Equity, la paura di un rallentamento dell'economia ne determina il relativo contenimento sui mercati. La domanda di base è “ci saranno nuove imprese ?” E la cosa fondamentalmente dipende dalle assegnazioni di eventuali commesse a tali imprese. ( I fondi di Equity sono fondi di investimento utilizzati per finanziare le imprese sia private che pubbliche. )
Salta agli occhi come anche questo dato finanziario dipenda dall'oggettiva crescita dell'economia reale e non il contrario. Il deficit strutturale dell'economia reale ne costituisce di fondo la causa e mina in modo molto serio le economie più socializzate basate sulla spesa pubblica come l'Italia.

Sul lungo periodo il mercato alimentare delle economie emergenti, costituirà una fonte di crescita e rialzo del costo globale del cibo poiché è questa la direzione complessiva che lo sviluppo globale sta seguendo. Sul breve periodo invece si ravvisano forti rallentamenti ciclici.

In Europa assetti e connessioni “tossiche” fra governi e banche, rendono piuttosto critico il panorama Europeo. Per sostenere le banche bisogna far leva sulla crescita attraverso regolamentazioni più restrittive che frenano la crescita, ma in un contesto di crescita già di per sé molto basso tale politica diviene ancora assai più critica e di difficile sostenibilità, per non parlare di alcune zone in recessione come negli stati PIIGS che ne sono particolarmente colpiti.
Ad opinione di chi scrive, per questa ragione la strada percorsa è profondamente sbagliata. Vanno isolati gli assets tossici, dichiarati insolventi e ristrutturati cominciando col tempo a risarcire piccoli e medi risparmiatori e investitori che trainano il mercato, anche tramite i fondi, e infine i grandi.

Da parte di Cookson si osserva infine anche come l'acquisto di Bond Italiani e Spagnoli da parte del fondo di stabilità Europeo, aprirà un vaso di pandora che si scontrerà in primis con il consenso politico in Germania. Anche secondo Cookson, come intuibile guardando i dati, tale fondo dovrà essere 3-4 volte superiore il fondo di stabilità usato per la Grecia e questo perché questa crisi del debito non riguarda la Grecia, non dipende da lei, ma riguarda intrinsecamente la Spagna e l'Italia. La politica Europea oltretutto non dimostra di aver capito molto della crisi, Cookson dice che ciò che possono aver capito differisce da qualsivoglia segno di ciò che dimostrano di aver capito sulla crisi. Politici e burocrati si risolvono nello sbattere i calci e strillare sulla crisi senza essere in grado di guardare i veri problemi e risolvere niente. Ciò che si fa infine è quindi troppo poco e troppo tardi.


Alcune fonti e approfondimenti:

Intervista di Bloomberg a Micheal Stern: dal minuto 8 circa, parla in particolare dell'Europa e dell'Italia.
Dal minuto 9:30 Domanda e risposta in particolare sull'Italia, il governo e la sua capacità di affrontare la crisi del debito:











Intervista a Richard Cookson su inflazione Cina e su crisi del debito Europeo: