Le vere ragioni
Nella
notte del 16 Marzo 1773 dopo mesi e anni di crescenti attriti fra
i coloni Americani e la corona inglese di Re Giorgio, un gruppo di
giovani Patrioti Americani travestiti da indiani, a meno che vi fosse
davvero qualche indiano, dopo essere entrati di nascosto nel porto di
Boston salirono sulle navi inglesi e iniziarono a gettare a mare
l'ingente carico di Thè lì stazionato come protesta contro le
politiche del governo inglese. L'evento passò alla storia come
Rivoltà del Thè e il movimento patriottico a loro collegato che
organizzò l'evento fu indentificato come Boston Tea Party. Ma perché
si arrivò a questo e cosa significava per i coloni americani il thè
inglese ?
Le
ragioni erano molteplici, negli ultimi anni la corona inglese
indebitata con la banca d'Inghilterra, aveva progressivamente
scaricato sui coloni i relativi costi sostenuti durante la guerra
contro i Francesi in Canada per cui si era indebitata, tramite la
leva fiscale e una serie di tasse, alcune delle quali oggi purtroppo
vengono accettate con sin troppa disinvoltura. D'altra parte però i
coloni ribattevano giustamente che quella guerra l'avevano combattuta
e vinta loro in primis e che la corona non poteva vantare altri
diritti calpestando i loro e rendendoli servi inglesi de facto.
La
causa scatenante di questa
particolare protesta però, non furono le tasse sul thè di per sé
come vuole il mito popolare, ma fu fondamentalmente un'altra, ossia
la progressiva egemonia commerciale della Compagnia dell'Indie
Orientali di proprietà Britannica che importava il thè dalla Cina
in Inghilterra come monopolista. Da qui altre imprese lo acquistavano
per poi trasportarlo nuovamente in America dove veniva venduto ai
distributori e commercianti locali. Al tempo stesso il governo
inglese varò nel 1721 un atto che imponeva a tutte le sue colonie di
comprare il thè solo dall'Inghilterra. Nel 1767 invece per aiutare
la compagnia delle Indie a battere il Thè Olandese di contrabbando,
passò l'Indemnity Act che abbassava le tasse sul thè venduto
in Inghilterra e consentiva un parziale rimborso alla Compagnia delle
Indie per il piccolo dazio all'importazione in America.
Vantandosi
quindi della sua enorme dimensione internazionale la Compagnia
conduceva politiche mercantilistiche mettendo in crisi la
produttività locale americana e abbassando i prezzi nonostante il
pagamento delle tasse locali in America.
Gli
Americani e i coloni videro sempre di più nella Compagnia delle
Indie una minaccia e un tentativo per distruggere l'economia e la
produzione locale, quale quella avviata appunto da John Hancock e
Samuel Adams che commerciavano Thè. Alla fine l'Indemnity Act
piuttosto che risolvere il problema del contrabbando, sollevò invero
la questione sul diritto del parlamento di tassare i coloni.
La
protesta del Boston Tea Party verteva quindi su due questioni di
fondo, i problemi finanziari ed economici riguardanti la Compagnia
delle Indie Britannica, e la disputa in corso circa l'estensione
della sovranità del parlamento sulle colonie Americane Inglesi,
tenendo conto anche del fatto che non vi erano rappresentanti eletti
dai coloni americani nel parlamento inglese, da cui il famoso motto
“No Taxation without rappresentation” ossia “No alla Tassazione
senza rappresentanza”.
I
coloni Americani erano molto risentiti dai trattamenti di favore
verso la Compagnia delle Indie, che vantava al suo interno lobbisti e
quindi con gran potere di influenza sul Parlamento. Tale dissenso
stava sempre più venendo in superficie in questo particolare periodo
storico. Proteste dei coloni ci furono anche in entrambe le città di
Philadelphia e New York, ma fu il Boston Tea Party ad entrare nella
storia. Fu in questo periodo che John Hancock organizzò il
boicottaggio del thè Cinese importato dalla Compagnia delle Indie
portandola entro il 1773 ad avere enormi debiti e grandi quantità di
thè stoccato nei magazzini. Thè che difficilmente sarebbero
riusciti a vendere dal momento che persone come lo stesso Hancock e
Samuel Adams presero a contrabbandarlo dall'Olanda agirando la famosa
tassa sul thè di importazione nel tentativo di competere contro la
Compagnia delle Indie.
Per
pronta risposta il parlamento inglese varò il Tea Act, che
permetteva in pratica alla Compagnia delle Indie di vendere
direttamente ai Coloni senza “passare” da Londra e quindi di non
pagare le tasse sul thè, pagando solo il piccolo e modesto dazio ai
porti coloniali Americani. Tale mossa permise alla Compagnia di
vendere il thè a prezzi più bassi dei mercanti coloniali e persino
dei contrabbandieri.
Essa
fu vista dai Bostoniani con sospetto e interpretata semplicemente
come il tentativo del parlamento inglese di distruggere l'economia
americana. E sarà proprio Samuel Adams, ricco contrabbandiere e
commerciante, ad organizzare atti piuttosto forti contro gli agenti e
destinatari dei carichi della Compagnia delle Indie invitandoli a
desistere dalle loro posizioni cosa su cui esitarono quando
terrorizzati al seguito di attacchi presso i loro magazzini e persino
alle loro case.
La
realtà dei fatti fu quindi che il Tea Act abbassò le tasse
sulla maggioranza del thè in commercio, ossia quello importato dalla
Compagnia. Lo scopo era riuscire a piazzare ingenti quantità di thè
della Compagnia nel mercato coloniale Americano, vendendo la merce in
stock della compagnia che oltre al boicottaggio di Hancock soffrì in
quegli anni anche di una crisi finanziaria a causa di cattivi
investimenti in Europa a cui seguì il salvataggio ( baylout ) da
parte della corona inglese che ora si trovava di fronte la necessità
di vendere gli stock di magazzino.
Invero
il Tea Act, come ammesso negli stessi documenti inglesi, non fu
altro che un tentativo da parte del ministro Lord North, di rendere
più commerciale il thè inglese in America e vendere così
rapidamente 17milioni di pounds di thè stoccati in Inghilterra...
qualcuno arrivò ad osservare che magari abbassarne le tasse avrebbe
anche fatto più contenti i coloni...
Per
capire bene il risentimento dei coloni contro il governo inglese
e Re Giorgio III°, bisogna considerare tutta una serie di pratiche
per così dire, scorrette contro le colonie. Negli anni precedenti le
13 colonie furono oggetto di varie tassazioni, ufficialmente per il
rimborso dei costi della guerra contro i Francesi. Fra esse abbiamo
lo Sugar Act del 1764, che tassava zucchero, caffè e vino, prodotti
tipici e di nicchia delle Americhe sempre più ricercati; lo Stamp
Act nel 1765 che tassava tutto il materiale stampato dai giornati
alle carte da gioco e i Townshend Acts del 1767 che tassavano oggetti
come bicchieri, dipinti, carta e Thè. Il Tea Act del 1773 fu
l'ultima goccia che fece traboccare il vaso. L'opposizione politica e
i boicottaggi economici portarono infine all'abolizione dello Stamp
Act e dei Townshends Acts, lasciando però la tassa sull'importazione
di Thè come simbolo di autorità.
Gli
atti del governo inglese servirono come abbiamo visto anche a
favorire la Compagnia delle Indie sul punto della bancarotta a causa
di corruzione, cattiva amministrazione e competizione e che da parte
sua si configurava come “troppo grande per fallire” legando il
destino dell'impero Britannico al proprio. Dopotutto l'impero inglese aveva costruito l'economia globalizzata britannica grazie a realtà come la Compagnia delle Indie. Il commercio sleale
inglese però finì per rivitalizzare la questione della tassazione senza
rappresentanza animando i moti di protesta e dissenso nelle colonie.
Tra
il Settembre e l'Ottobre del 1773 sette navi con a bordo il thè
della Compagnia delle Indie salparono verso le colonie Americane: 4
erano dirette a Boston, e rispettivamente 1 per New York,
Philadelphia e Charleston. Gli Americani seppero del Tea Act mentre
le navi erano in viaggio e la protesta cominciò a crescere.
I Figli
della Libertà, come si facevano a volte chiamare i padri fondatori,
patrioti e guide dei movimenti di protesta, cominciarono una campagna
per sensibilizzare l'opinione pubblica e convincere o costringere i
destinatari delle merci della Compagnia a rinunciare e rendere il
carico, in modo simile a come i distributori della stampa furono
costretti a scioperare durante la crisi dello Stamp Act del 1765.
Il
movimento di protesta culminato con il Boston Tea Party non fu
quindi tanto una disputa per le “alte” tasse. Il prezzo, e le
tasse, del thè legalmente importato era stato ridotto grazie al Tea
Act del 1773. Tuttavia c'erano ben altre questioni ad animare il
movimento di protesta al di là dei molti miti intorno questo
singolare e forte evento. Il solo motto famoso “No Taxation without
reppresentation” che apre alla questione del diritto del Parlamento
di tassare i coloni, è una delle questioni principali. Altri
vedevano il favoreggiamento verso certe realtà governative inglesi o
filo governative inglesi fuori dalla sfera di influenza dei governi
coloniali come un'infrazione ai diritti coloniali e quindi una
lesione della libertà dei cittadini coloniali. E questo fu
particolarmente vero per quanto riguarda il Massachussets la sola
colonia dove il programma del Townshend fu pienamente implementato.
Certamente
i mercanti coloniali, dei quali alcuni contrabbandieri, hanno
giocato un ruolo fondamentale nelle proteste. Poiché il Tea Act
rendeva più economico e conveniente il thè importato legalmente
dalla East Indian Company, i contrabbandieri di Thè Olandese
rischiavano di finire fuori dagli affari. E naturalmente questo
valeva anche per gli importatori legali di thè non affiliati alla
Compagnia e che rischiavano la bancarotta a causa dell'egemonia
commerciale e concorrenza sleale di quest'ultima. E naturalmente il
timore era che questo tipo di politiche monopolistiche
mercantilistiche dal The potessero estendersi praticamente a
qualsiasi altra cosa, sulla falsariga di quanto si era cercato di
fare con i vari tipi di tassazione introdotte. Cosa che indusse
sempre più in allarme i mercanti coloniali conservatori che furono
indotti ad unirsi ai Patrioti più radicali.
A
Sud di Boston, i manifestanti riuscirono con successo a far
annullare gli ordini. I mercanti accettarono di non vendere il thè e
gli agenti e ufficiali del thè a New York, Philadelphia e Charleston
cancellarono i loro ordini o rinunciarono alle loro commissioni.
A
Charleston, i destinatari furono costretti a lasciare il thè che non
reclamato fu confiscato dagli agenti della dogana. Ci furono proteste
di massa a Philadelphia e in seguito i destinatari di Philadelphia
resero il carico la cui nave ritornò piena in Inghilterra.
La
nave diretta a New York ritardò per il cattivo tempo; per quando
arrivò i destinatari avevano reso il carico e la nave ritornò in
Inghilterra con il thè.
A
Boston invece i commercanti destinatari del thè della Compagnia
erano amici del governatore Hutchinson, determinato a far rispettare
la legge. L'opposizione guidata da Samuel e John Adams, Josiah Quincy
e John Hancock, era invece determinata a resistere alla supremazia
del Parlamento Londinese sulla legislazione coloniale.
Quando
la prima nave giunse a Boston con il carico di thè, i Figli
della Libertà, impedirono al capitano Francis Roth di scaricare il
thè, ma non poterono costringere i destinatari a rifiutare la
spedizione. Rotch e i capitani delle due nuove navi, la Eleanor e la
Beaver, accettarono di andare via senza scaricare il thè, ma gli fu
negato il permesso dal Governatore Hutchinson.
In
base alla legge vigente se il thè non veniva scaricato entro 20
giorni ( ossia entro il 17 Dicembre ), esso poteva essere confiscato
dalle autorità e messo all'asta per ripagare i diritti doganali.
Convinti che tale procedura avrebbe ancora costituito un pagamento di
tasse incostituzionali, nonché avrebbe continuato a minare gli
interessi dei mercanti, commercianti e produttori locali, i Patrioti
decisero di rompere lo stallo. Il 14 Dicembre a ridosso di
assembramenti di massa, Rotch chiese nuovamente il permesso di
salpare da Boston. Ma né l'ufficiale doganale, né il governatore
glielo concessero.
Temendo
che il thè fosse quindi sequestrato per il pagamento dei diritti
doganali e eventualmente quindi rimesso sul mercato, qualcosa doveva
essere fatto. Chiedendo che il thè ritornasse indietro o fosse reso,
i Figli della Libertà, guidati da Samuel Adams iniziarono ad
incontrarsi per decidere sul da farsi e così quindi il destino delle
3 navi ancorate nel porto di Boston.
In
una fredda sera del 16 Dicembre 1773, una grande folla assembrata
a ridosso del molo applaudiva ed incitava 60 uomini vestiti da
Indiani Mohawk. Il gruppo di Patrioti di Boston, proveniva dalla
South Meeting House con lo Spirito della Libertà che ardeva nei loro
occhi. SI diressero verso il molo di Griffin e le 3 navi. Salirono in
silenzio, velocemente e iniziarono ad aprire i cesti del thè con
asce e accette.
In
quella fredda notte, il suono delle asce contro le casse di legno
riecheggiava per il porto di Boston. Una volta aperte, i patrioti
iniziarono a buttare il the a mare. Entro le nove di sera, i Figli
della Libertà, con l'aiuto dell'equipaggio della nave, svuotarono
342 casse di thè nel porto di Boston. Temendo ogni collegamento con
atti di tradimento, i patrioti si tolsero le scarpe nel salire sul
ponte e fecero verificare al primo ufficiale della nave che solo il
carico di thè era stato danneggiato e non le navi.
La
Corona inglese, furiosa risposte a questo “Boston Tea Party”
con i cosìdetti Intolerable Acts del 1774, eliminando praticamente
il governo del Massachussets e chiudendo il porto di Boston.
Le
notizie sulla distruzione del thè alimentarono lo spirito di
resistenza delle colonie. Il 22 Aprile del 1774 il tentativo di
Londra di scaricare il thè a New York si risolve in una folla che
salì sulla nave e distrusse il carico. Incidenti simili successero
anche ad Annapolis, Md., il 19 Ottobre e a Greenwich, N.J., il 22
Dicembre da cui in poi il the fu boicottato in tutte le colonie.
Naturalmente
chi scrive non ha mai espresso preconcetti contro le
multinazionali in sé, ma contro certe politiche corporativiste e
mercantiliste simili al caso di Boston nei quali erano
impossibilitati a competere contro un gigante come la East Indian
Company mettendo in crisi l'economia locale, ieri come oggi, si è da
criticare e continueremo a farlo.
Sotto
tale visione alcuni vedono il Boston Tea Party somigliare sotto
vari aspetti alle proteste crescenti dei giorni nostri contro le
corporazioni internazionali, i movimenti critici della
globalizzazione e i tentativi delle piccole città di proteggere se
stessi dai rivenditori delle grandi catene o le corporazioni
agricole. O detta in altre parole si può vedere il Boston Tea Party
protestare contro le azioni della multinazionale Compagnia delle
Indie e contro il governo che curava di più gli interessi di tali
compagnie piuttosto che quello dei cittadini.
Una
questione quella dell'Indipendenza e Libertà contro l'egemonia
estera che viene chiamata in causa ancora di più proprio in questi
tempi dove la produzione locale e l'indipendenza nazionale è sempre
più messa in crisi proprio da politiche neo-mercantilistiche
condotte in particolar modo dalle economie asiatiche che sul
mercantilismo grazie anche a manodopera di gran lunga sottopagata,
fanno muovere la loro economia nell'ambito dei cosìdetti accordi di
“free” trade, ossia libero scambio internazionale.
E
difatti il Tea Party USA, e non solo, e quindi anche noi, si è
generalmente contrari e critici verso tali politiche che stanno
mettendo ovviamente in crisi l'intera economia Occidentale. Non
quindi solo un problema Italiano a cui si sommano altri problemi
locali della classe dirigente e del debito pubblico, ma bensì un
problema globale in cui si confrontano politiche mercantilistiche da
un lato e meccanismo della riserva monetaria dall'altro, l'unico modo
per cercare di coniugare questo tipo di mercato globale. Una modalità
sicuramente criticabile ma che merita ulteriore e separato
approfondimento per capire meglio i meccanismi di base dell'economia
internazionale odierna e i problemi degli squilibri e sbilanciamenti
economici che raramente vengono percepiti pienamente dalla
cittadinanza, specialmente in Italia incluso tanti, troppi cosìdetti
liberali.
Le
rivolte del thè portarono coscienza su questioni come
indipendenza e libertà contro le egemonie commerciali estere e
governi oppressivi che ledono la libertà e i diritti inalienabili dell'uomo. I vari movimenti di
protesta seppure forti non costituivano ancora una forza
rivoluzionaria, anche se tuttavia una frattura fra gli inglesi
coloniali in America e gli inglesi d'Europa s'andava sempre più
delineando. Fu tuttavia la reazione del governo inglese contro le
colonie incluso il tentativo di disarmo dei Patrioti nella contrada
di Lexinton e la successiva battaglia presso il ponte di Concorde ad
accendere la scintilla della Rivoluzione Americana, ma su questa
vicenda vi rimandiamo ad un prossimo articolo.
Per
il momento ci limitiamo ad unirci al Boston Tea Party e sulla
falsariga di quanto di recente ha fatto Coldiretti presso il confine
Italiano sul Brennero bloccando e denunciando le merci di
importazione “sleale”, invitiamo anche noi a “gettare a mare”
il thè inglese.
Tanti auguri Boston Tea Party ! Che Dio Benedica gli Stati
Uniti d'America !